Il Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività

Definizione e caratteristiche

Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (DDAI, in inglese ADHD) è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo caratterizzato da una regolazione deficitaria in tre aree: attenzione, inibizione della risposta e livello di attività motoria.

I sintomi relativi alla disattenzione si riscontrano soprattutto in bambini che, rispetto ai loro coetanei, presentano un’evidente difficoltà a rimanere attenti o a lavorare su uno stesso compito per un periodo di tempo sufficientemente prolungato. Le ultime ricerche sembrano concordi nello stabilire che il problema più evidente nel DDAI sia il mantenimento dell’attenzione, soprattutto durante attività ripetitive o noiose (Douglas, 1983; Robertson et al., 1999), anche di gioco. In ambito scolastico si manifestano evidenti difficoltà nel prestare attenzione ai dettagli, banali errori di distrazione e i lavori sono incompleti e disordinati. Sembra che le problematiche attentive si palesino in particolare quando il compito da svolgere non risulti motivante per il soggetto (Millich & Lorch, 1994).

La seconda caratteristica, l’impulsività, si manifesta nella difficoltà a dilazionare una risposta, ad inibire un comportamento inappropriato, ad attendere una gratificazione. I bambini impulsivi rispondono troppo velocemente (a scapito dell’accuratezza delle risposte), interrompono frequentemente gli altri quando questi stanno parlando, non riescono a stare in fila ad attendere il proprio turno. L’impulsività si esterna anche nell’intraprendere azioni pericolose senza considerare le possibili conseguenze. È una caratteristica che rimane abbastanza stabile durante lo sviluppo – sebbene muti nella forma a seconda dell’età – ed è presente anche negli adulti con DDAI.

La terza caratteristica è l’iperattività, ovvero un eccessivo livello di attività motoria o vocale. Il bambino manifesta continua agitazione, difficoltà a restare seduto e fermo al proprio posto. Spesso i movimenti di tutte le parti del corpo non sono armonicamente diretti al raggiungimento di uno scopo.

Criteri diagnostici

La più recente descrizione del DDAI è contenuta nel DSM (ovvero il manuale diagnostico pubblicato dall’Associazione Psichiatrica Americana) secondo il quale, per poter porre diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, un soggetto deve presentare almeno 6 dei 18 sintomi elencati qui di seguito, prima dei 7 anni di età, per un periodo minimo di 6 mesi in almeno due contesti (es. a casa e a scuola), che compromettano il rendimento scolastico e/o sociale.

Sintomi nell’area disattenzione:

Federica De Angelis – Psicoterapeuta a Napoli: bambino che mostra sintomi di disattenzione la prima caratteristica del Disturbo da Deficit dell'Attenzione e Iperattivitàa) spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro o in altre attività;

b) spesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti e sulle attività di gioco;

c) spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente;

d) spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, le incombenze o i doveri sul posto di lavoro (non a causa di comportamento oppositivo o di incapacità di capire le istruzioni);

e) spesso ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle attività;

f) spesso evita, prova avversione o è riluttante a impegnarsi nei compiti che richiedono sforzo mentale protratto (come compiti a scuola o a casa);

g) spesso perde gli oggetti necessari per i compiti e le attività (ad es. giocattoli, compiti di scuola, matite, libri o strumenti);

h) spesso è facilmente distratto da stimoli estranei;

i) spesso è sbadato nelle attività quotidiane.

Sintomi nell’area iperattività – impulsività:

j) spesso muove con irrequietezza le mani o i piedi o si dimena sulla sedia;

l) spesso lascia il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni i cui ci si aspetta che resti seduto;

m) spesso scorazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo (negli adolescenti o negli adulti, ciò può limitarsi a sentimenti soggettivi di irrequietezza);

n) spesso ha difficoltà a giocare o dedicarsi ad attività divertenti in modo tranquillo;

o) è spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato“;

p) spesso parla troppo;

q) spesso “spara” le risposte prima che le domande siano state completate;

r) spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno;

s) spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti (ad es. si intromette nelle conversazioni o nei giochi).

Disturbi associati al DDAI

In ambito clinico disattenzione, iperattività e impulsività sono considerati “sintomi primari“, ovvero tratti rappresentativi dell’DDAI, mentre tutte le caratteristiche frequentemente associate a tale patologia vengono definite “sintomi secondari“.

Tra i disturbi associati distinguiamo quattro tipi di sintomatologie che riguardano: i comportamenti aggressivi, le difficoltà cognitive, i problemi associati all’emotività e quelli inerenti all’interazione sociale.

Tali sintomi, anche se non sempre raggiungono una rilevanza tale da tradursi in diagnosi concomitanti vere e proprie, rappresentano comunque aspetti problematici che meritano di essere trattati, per evitare conseguenze negative (per es. fallimenti scolastici o carenti relazioni sociali) che peggiorino il benessere del bambino.

Federica De Angelis – Psicoterapeuta a Napoli: iperattività, un disturbo associato al DDAILa diagnosi di DDAI si trova spesso in compresenza con i disturbi appartenenti allo spettro aggressivo, riconducibili a diagnosi di Disturbo Oppositivo – Provocatorio o Disturbo della Condotta (Anderson et al., 1987; Biederman et al., 1991). Ma anche a disturbi d’ansia (Biederman et al., 1991), disturbi del linguaggio espressivo (Hamlett, Pellegrini e Conners, 1987; Zentall, 1989); disturbi della Tourette e altri tic (Cohen e Leckman, 1994) e deficit della coordinazione motoria (Barkley, 1990). Marzocchi (2003) sottolinea come circa il 40% dei bambini DDAI, pur mostrando abilità intellettive nella norma, presenti difficoltà di apprendimento Il riscontro di una compresenza con il disturbo dell’umore, invece, è controverso, sebbene si riscontrino tratti ansiosi e depressivi, soprattutto dalle ultime classi della scuola elementare.

Epidemiologia

La prevalenza del DDAI varia in relazione alla cultura di appartenenza e agli strumenti di indagine utilizzati. Essa riguarda circa il 3 – 5% della popolazione scolare. Questo disturbo è stato identificato in tutti i tipi di cultura ed appare maggiormente rappresentato nella popolazione maschile, pur se con variabilità rispetto all’età e al genere. La prevalenza tra i maschi, infatti, è tre volte più alta che nelle femmine: 9.2% vs 3% (Cohen et al., 1993; Szatmari et al., 1989). Nella maggior parte dei casi il DDAI persiste fino all’adolescenza e di frequente all’età adulta (Klein, Mannuzza, 1991).

Eziologia e fattori di rischio

Federica De Angelis – Psicoterapeuta a Napoli: bambina distratta mentre fa i compiti a casaSecondo un ampio studio di Goodman e Stevenson (1989), la percentuale di causalità attribuibile a fattori genetici si aggira tra il 70 – 90%, mentre il restante 10 – 30% è attribuibile a fattori ambientali. Dall’educazione e dall’ambiente sociale in cui si trova inserito il bambino dipendono la gravità, l’evoluzione e la prognosi dei sintomi (Barkley, 1998).

Comunque, piuttosto che chiedersi quale sia la causa del DDAI sembra più utile interrogarsi su quali siano le varie combinazioni di condizioni “rischiose” e “protettive” che conducono al DDAI.

Tra i fattori di rischio ritroviamo:

  • elevato livello di ansia della madre durante la gravidanza;
  • problemi di salute della madre durante la gravidanza (Marzocchi, 2003);
  • abuso di alcool e di fumo da parte della madre durante la gravidanza (Marzocchi, 2003);
  • un episodio di emorragia poco prima del partoM;
  • basso peso alla nascita – inferiore ai 2,5 kg;
  • basso valore dell’indice di Apgar – indice che valuta lo stato di salute del neonato subito dopo la nascita;
  • problemi di respirazione dopo la nascita;
  • ritardi di sviluppo delle abilità di coordinazione motoria (Marzocchi, 2003);
  • basso peso corporeo e della testa durante la crescita (Marzocchi, 2003);
  • ritardo nell’apprendimento del linguaggio (Marzocchi, 2003);
  • eccessiva irrequietezza prima dei 24 mesi;
  • elevato livello di attività motoria, insieme ad eccessive richieste di cura e attenzione del bambino prima dei 5 anni (Marzocchi, 2003);
  • familiarità per DDAI o Disturbo di Personalità Antisociale (Marzocchi, 2003);
  • condizioni economiche svantaggiate;
  • basso livello educativo culturale della madre (Marzocchi, 2003);
  • assenza di un genitore/abbandono (Marzocchi, 2003);
  • incoerenza nello stile educativo dei genitori;
  • atteggiamento direttivo e critico dei genitori verso i comportamenti del figlio (Marzocchi, 2003);
  • conflitto all’interno della coppia genitoriale;
  • psicopatologia dei genitori (es. depressione, disturbo di personalità antisociale);

Tra i principali fattori “protettivi” vi sono:

  • buona salute del bambino alla nascita;
  • buone capacità cognitive del bambino, soprattutto linguistiche e intellettive;
  • buon livello educativo – culturale della madre;
  • un valido stile parentale;
  • stabilità delle relazioni familiari;
  • interventi psicoeducazionali efficaci.

Intervento terapeutico

Federica De Angelis – Psicoterapeuta a Napoli: bambino iperattivoLa terapia con il Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività si basa su un approccio multimodale che combina gli interventi psicosociali con quelli farmacologici. I protocolli terapeutici che vengono programmati per il trattamento di tale disturbo mirano a ridurre la gravità dei sintomi e a favorire l’inserimento del piccolo paziente nel suo ambiente di vita. L’obiettivo, infatti, consiste nello sviluppare un adeguato benessere che dipenda anche dalle relazioni con i genitori e gli insegnanti. Tale disturbo, infatti, si sviluppa e si manifesta in modo sostanzialmente diverso in base all’ambiente educativo e ai sistemi relazionali in cui il bambino interagisce. Perciò il trattamento non può prescindere da un intervento a livello familiare e scolastico (Eyberg et al 2008; Garland et al., 2008).

I principali passi per un’adeguata preparazione di genitori e insegnanti sono i seguenti:

  • far acquisire le informazioni necessarie per comprendere il comportamento del bambino e la correzione di eventuali convinzioni erronee in fatto di pratiche educative;
  • insegnare loro come gestire il proprio stress emozionale e potenziare le proprie risorse al fine di migliorare la relazione col bambino;
  • insegnare loro come applicare procedure di modificazione del comportamento;
  • informare su come strutturare l’ambiente scolastico e quello familiare in base ai bisogni particolari e alle caratteristiche del bambino con DDAI;

Scopo principale dell’intervento terapeutico individuale, invece, è di migliorare il funzionamento globale del soggetto. In particolare mirare a:

  • diminuire i comportamenti inadeguati;
  • migliorare le relazioni interpersonali;
  • incrementare il livello di autostima;
  • aumentare le autonomie;
  • migliorare le capacità di apprendimento scolastico;
  • migliorare l’accettabilità sociale del disturbo;
  • migliorare la qualità di vita del bambino e di chi gli sta intorno.